Sono i creatori dei cavalli e degli altri ornamenti metallici. Intervengono nella fase della decorazione della gondola.

L’opera dei Fondidóri interessa numerose e diverse parti dell’imbarcazione: i canóni, contenitori per i fiori e per il lume posti in punta della gondola a poppa e a prua; il feràl o faràl, lume di prua di forme diverse in lamiera di ottone sbalzata e saldata; le decorazioni della parte superiore della lama di poppa, accuratamente scelte come foggia e soggetto dal gondoliere.
Ciò per cui in particolare è nota la perizia di ottonài e fonditori sono i cavài, una coppia di cavalli marini che ornano in simmetria la parte centrale dei due lati della gondola. Sono chiamati cavàì, ma la loro forma fa riferimento a un vasto e originale repertorio in cui spesso gli elementi marini si mescolano a quelli del mondo animale o fantastici: la testa, ma anche il corpo talvolta, può essere di cavallo, di delfino, di uccello rapace, di drago, di grifo, di tritone, di ninfa marina.

fondidori

Un tempo ogni famiglia importante aveva il suo cavallo. Oggi ci sono modelli piccoli, medi e grandi, secondo il grado di abbellimento della gondola. Dall’ultimo dopoguerra le fonderie, di ottone e bronzo, che prima erano tredici, sono state allontanate dalla città, tranne una.
La fusione si fa ‘a staffa’, una tecnica molto antica. La staffa, detta anche ‘libro’, è una cassa che viene riempita con sabbia molto fine, detta ‘francese’, in cui il modello viene impresso; tolto il modello e chiuso ‘il libro’, si cola dentro l’ottone, o il bronzo.
La forma grezza (liberata con lo scalpello dai residui più grossolani della fusione) viene lavorata a mano in bottega: con lime e ceselli di varia misura, granatura, spessore.
I ceselli più sottili servono per la definizione dei particolari, come i ricci sulle testine o i tratti del viso. Seguono smerigliatura e lucidatura, compiute oggi spesso con l’aiuto di macchine. L’opera può inoltre essere brunita, o patinata con bagni in sostanze chimiche.
Gli ottonài erano uniti nell’Arte ai tornitori.Se ne trova traccia nei Capitolari del Trecento.