Sono i carpentieri specializzati nella costruzione di remi e fórcole.

Remo e fórcola (“pezzo di legno forte incavato, su cui posasi il remo in vogando”) sono i due elementi sui quali si gioca l’equilibrio dinamico della gondola. È lì il fulcro dei movimenti (prèmer e stalìr) attraverso i quali il gondoliere da solo dà propulsione allo scafo e al contempo lo governa e lo tiene in equilibrio.
Il remèr trae dal legno le forme dei remi e delle forcole: nuda e liscia la forma del remo, fortemente plastica quella della fórcola.
Al remo si arriva piallando lunghe tavole per giungere a una maneggevole impugnatura che da conica si fa cilindrica, senza perdere la robustezza che le permette di resistere alla forza del vogatore.
Poi il cilindro si allarga in una pala con superficie tale da permettere al remo di entrare e uscire armoniosamente dall’acqua.

remeri

Per giungere alla fórcola si parte da quarti di tronco (noce, ciliegio, pero, melo, acero) scelti prima della stagionatura di tre anni.
Più che progettata essa è la risultante di un lavorio serrato in cui si incontrano abilità manuale e forma immaginata, e giocano un ruolo chiave la vista e il tatto. Ogni ansa, ogni gomito deve permettere i numerosi e diversi movimenti del remo nell’acqua.
L’oggetto-fórcola affascina, ed è divenuto uno dei simboli di Venezia. Ma la sua bellezza resta funzionale al suo fine: garantire la libertà dinamica del remo che dà equilibrio all’asimmetria del sistema uomo-scafo-acqua.
La bottega del remèr è oggi ancora luogo di memoria e di ripetizione rituale di parole (i nomi degli attrezzi) e gesti antichi da parte di maestro e garzone, ma è anche luogo di continua trasformazione, di adattamento ai cambiamenti della gondola, del modo di vogare e all’individualità del gondoliere. I remèri a Venezia erano riuniti in corporazione dal 1307. Una parte, da dentro o da l’Arsenal, costruiva i remi per le navi della Serenissima, altri (de gondole) lavoravano in decine di botteghe sparse nella città (tracce restano nel toponimo ‘del rèmer’).