Sono i carpentieri specializzati nella costruzione di imbarcazioni in legno, e quindi anche di gondole.

Nel lessico veneziano squèro è il cantiere per le piccole imbarcazioni di legno. La forma scura e asimmetrica della gondola ha inizio nel cantièr, controsagoma dello scafo, con i due elementi verticali, ‘aste’ o ‘dritti’, ai quali si fissano il fasciame e il fondo dello scafo.

Le ‘aste’, le ‘ordinate’, le còrbe e i vòlti, i sancòni, le piàne, il sércio… i nomi e i pezzi e i tipi di legno si moltiplicano: lo scafo cresce dettaglio dopo dettaglio. Il legno viene piegato dolcemente, secondo tecniche antiche che utilizzano la lenta combustione della canna palustre (le essenze sono più numerose rispetto alle altre imbarcazioni: rovere, larice, abete, tiglio, olmo, noce, mogano, ciliegio e, anche se poco, corniolo). Prima sul cantièr, poi col culo par aria (a barca rovesciata): lo scafo prende forma.

squerarioli

La costruzione è laboriosa e complessa: la scandiscono sequenze precise, che prevedono capovolgimenti, spostamenti, il calafataggio, l’impeciatura del fondo, l’intervento dei fabbri per l’innesto del ferro di prua e del ferro di poppa, l’intervento degli intagliatori… E la finitura e la dipintura. Gli attrezzi sono quelli tipici dei cantieri: svariati tipi di asce (ruolo chiave quello del ‘maestro d’ascia’), e di pialle, seghe per tagli rettilinei o curvi, un trapano a manovella (ora elettrico), martelli di varia misura e mazze, raspe, scalpelli, maglio e ferri per calatafare… Lo squerariòl è attaccato ai ‘suoi’ attrezzi: un’appartenenza affettiva più che materiale, garanzia di maggiore precisione e professionalità. Gli squerariòli erano spesso discendenti da famiglie che svolgevano questo mestiere da generazioni e costituivano una categoria compatta e orgogliosa della propria abilità. Erano uniti nell’Arte ai marangòni da nave; si dividevano in squerariòli da grosso (medio o grande tonnellaggio) e squerariòli da sotil (barche a fondo piatto come le gondole). Furono corporazione autonoma dal 1610. Un tempo le rive lagunari, i canali e anche il centro storico pullulavano di squèri.